Oliver Sim, la voce inconfondibile degli XX, pubblica domani la sua prima opera solista “Hideous bastard” (Young), un lavoro liberatorio che ha accompagnato un percorso di accettazione nei confronti di dipendenze, della sua sessualità e del convivere con lo stigma dell’HIV che ha contratto a soli 17 anni.
Lo scorso maggio Oliver Sim ha scosso i suoi fan e l’industria musicale con una nota scritta su Instagram in cui, oltre ad annunciare il suo primo album solista “Hideous Bastard” dichiarava di aver contratto l’HIV a 17 anni.
Introduzione di Marco Cresci
Intervista di Vincenzo Giordano
Nel suo debutto solista Oliver Sim sia nelle canzoni che nei visual sembra raccontare una sorta di favola ma che funziona al contrario, come se la bella diventasse la bestia, come se il suo impeccabile total look nero con cui siamo sempre stati abituati a vederlo negli XX si è lentamente lacerato rivelando sotto di se una pelle squamosa e verde, la metamorfosi da bravo ragazzo della porta accanto a “orribile bastardo”. E’ una metamorfosi che in realtà rivela un processo di accettazione profondo e durato anni a cominciare da quando Oliver Sim a 17 anni scopre di essere sieropositivo, provate a pensare cosa voglia dire per un adolescente. La sua trasformazione però non è reversibile, ma diventa la sua nuova identità artistica, accompagnata anche da un cortometraggio creato attorno alle sue canzoni e presentato alla scorsa edizione di Cannes e diretto dal regista Yann Gonzalez, ora visibile su MUBI.
“Hideous Bastard” è il mostro che ha convissuto dentro ad Oliver e che finalmente si è liberato, affrontando la vergogna imposta dalla società nei confronti della malattia, “Perché non mi lasci nella sporcizia?/ Che sono stato malato e sono perverso”, è la frase onesta e brutale che Oliver canta in “Hideous” il pezzo che apre l’album e ci catapulta nella mente di uno psicopatico charmant, tra armonie piene di speranza e ritmi dance sincopati. In “Hideous Bastard” convivono passato e futuro, dove sonorità digitali si scontrano con l’amore per la musica degli anni ’60 trasmessogli dal padre e che danno vita ad un album imprevedibile.
L’abbiamo intervistato:
Ciao Oliver! Come stai?
Sto bene, c’è sole e caldo a Londra e mi sento bene.
Com’è stato per te lavorare a un progetto solista?
Non è un progetto che ho programmato a tavolino, The XX sono la mia casa ed è li che si trova il mio cuore. Quando stavamo scrivendo il nostro ultimo disco, era sullo sfondo di Jamie XX che stava lavorando sul suo disco da solista e io e Romi abbiamo incominciato a parlare di fare qualcosa di nostro. Amo far parte degli XX e sapevo di essere capace anche di fare cose da solo e non volevo deludere i miei amici (Jamie e Romi) ma renderli orgogliosi del mio lavoro.
Mi ha colpito l’onestà e la profondità della lettera che hai postato sul tuo IG. Come ti sei sentito quando l’hai pubblicata?
Ehm… è stato decisamente liberatorio e scomodo. Quando ho scritto quella canzone (Hideous. ndr) l’ho fatto in modo super impulsivo. Ecco perché ho inserito il verso sulla divulgazione del mio “status” proprio alla fine della canzone. Mi continuavo a chiedere: lo dico o non lo dico? Ho fatto ascoltare quella canzone a mia madre. È stata la seconda persona a cui l’ho fatta sentire e mi ha detto: “questo è un po’ drastico…“ mi conosce bene e sapeva dove mi trovavo mentalmente.
Mi ha detto: “ok piccoli passi prima” e mi ha suggerito di avere conversazioni con varie persone. È molto più facile essere onesti nella scrittura di canzoni che nelle conversazioni.
La scrittura di canzoni è una conversazione con te stesso, non c’è contatto visivo con gli altri quando si scrive. Il mio modo di affrontare il mio stato di HIV da quando ero un adolescente è stato solo il “controllo”. Ma ad un certo punto mi sono reso conto che non lo stavo controllando, mi stava controllando, così avere quelle conversazioni sulla canzone mi ha fatto sentire un po’ meno a disagio e quando ho pubblicato la canzone e ho fatto la dichiarazione sembrava che non fosse più un segreto accuratamente custodito. Era fuori nel mondo. Non sembrava più la grande rivelazione drammatica!
Nella lettera menzioni un’icona gay degli anni ’80 che ti è stata vicina: Jimmy Somerville. E’ anche una tua collaborazione in Hideous. Mi è piaciuto che tu lo abbia coinvolto! Come mai proprio lui?
È stato davvero importante. Ho fatto di tutto per farmi nuovi amici e in particolare fare amicizia con le regine che hanno aperto la strada a tutti noi. Le regine più esperte. Hanno percorso la strada come pionieri e hanno così tanta esperienza e saggezza, ma più di ogni altra cosa quelle relazioni sono state così educative. Avere quei rapporti con Jimmy, con Elton (John), John Grant, Anoni….. ho imparato così tanto! Jimmy è una delle mie voci preferite al mondo.
Prima ancora di sapere chi fosse, conoscevo quella voce. Quella voce angelica che mi seguiva in giro, che fosse alla radio o a casa e poi ho saputo chi era e cosa intendeva ed ero tipo: questo ragazzo è senza paura! È stato così schietto e così sincero. Ho imparato a conoscere Jimmy e lo considero davvero un buon amico ora. Parliamo a giorni alterni. E non è una persona senza paura. È pieno di paure che rendono tutto ciò che ha fatto ancora più significativo. Ha resistito, ce l’ha fatta! Lo amo!
Parliamo di trasformazione ed evoluzione. Ho notato come sono cambiati i tuoi vestiti da The XX al tuo progetto solista. Dal total black alle pailettes. Adoro i pantaloni che hai sul palco! Come è avvenuta questa evoluzione?
Non lo so….. non è stato un cambio improvviso. Mi piace l’idea di reinventare me stesso. Come un momento di reinvenzione di Madonna (ridiamo insieme). La mia immagine con gli XX è stata una divisa nera che nell’ultimo disco ha iniziato a scivolare. Ma non voglio separarmi dal me Oliver XX perché entrambi sono io. Amo il nero. È il colore più chic. Amo i vestiti e amo l’idea del “personaggio”. Mi dà fiducia, posso diventare qualcos’altro.
L’artwork nell’album è un po’ “sanguinoso” ma pop. Chi ha realizzato l’artwork e che input hai dato?
È sanguinoso, ma spero anche che tu possa vederlo come giocoso. Il progetto è nato da questo regista che amo, Yorgos Lanthimos, che ha realizzato film come: “La Favorita”, “The Lobster” e “Il Sacrificio del cervo sacro”. Mi sono messo in contatto con lui perché sono un grande fan. Mi ha messo in contatto con il designer di tutti i suoi poster (Vasilis Marmatakis. ndr). secondo me ha disegnato le migliori locandine dei film negli ultimi dieci anni e poiché la mia visione era che questo album fosse un film, volevo essere horror ma con giocosità e senso dell’umorismo e lui l’ha azzeccato e la copertina è stata fotografata da Casper Sue Johnson.
L’album non è un’opera immediata. La tua voce è però immediatamente riconoscibile e le canzoni hanno una struttura complessa e cambiano nelle forme. Qual è il tuo punto di vista?
L’intero album parla di me che provo cose diverse. Non potevo ricreare quello che faccio con gli XX perché succede solo con Romi e Jamie. All’inizio della scrittura ho praticamente avuto una crisi di identità….. ho praticamente detto “chi cazzo sono?”. Dopo questo dubbio iniziale mi sono detto “in realtà posso provare qualsiasi cosa, sarà divertente!”. Pop, alternative, elettronico. Quindi ho provato di tutto. È stato divertente. Le prime canzoni che ho fatto sono state terribili e non vedranno mai la luce.
“Hideus Bastard” è stato accompagnato anche da un cortometraggio intitolato “Hideous” diretto da Yann Gonzalez, ed è stato presentato allo scorsa edizione di Cannes. Com’è stato per te lavorare sul lato visivo della tua musica?
Ho avuto un sacco di input. Sapevo di volermi avvicinare all’Horror perché mi piace molto e mi è sembrato appropriato con le canzoni. So che questo album è personale e onesto. Sapevo che non volevo confezionarlo in modo molto grezzo e reale. Volevo fantasia, avventura, umorismo. E questo è ciò che l’orrore può essere. Tutti i miei artisti preferiti sono persone che creano “mondi”. Interagiscono con la moda, l’arte, il cinema e la musica! Bjork lo fa, David Bowie lo ha fatto e sto (nel mio piccolo) cercando di farlo anche io.
Qual è l’ultimo album di cui ti sei innamorato?
“Ugly Season” di Perfume Genius. Non è il disco che mi aspettavo perché non è: canzone, canzone, canzone. Penso che lui (Michael Hadreas. ndr) sia la persona più cool del pianeta. Voglio essere lui da grande. Mi ricordo che una volta stava aprendo per gli XX uno dei nostri tour e ogni volta che passava nel corridoio lo guardavo e riuscivo solo a dirgli “ciao” perché ero timido, secondo me ha pensato che fossi scortese. Lo amo! Sono un suo grande fan!
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